CPI FACILE – Certificato prevenzione incendi

CPI OBBLIGATORIO, OPPURE NO?

Premesse le attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco, al D.P.R. 151/2011 e alle categorie suddivise, è opportuno farsi una domanda fatidica: Il CPI ci vuole oppure no?

Ovviamente è una domanda provocatoria:

se l’attività che hai in mente di realizzare (o quella che stai già svolgendo) rientra nell’elenco delle attività soggette, è chiaro che il CPI occorre; ma il punto non è questo e vorrei sollevare una riflessione fondamentale che determina la risposta alla domanda di prima.

Ogni imprenditore, gestore o proprietario di edifici dovrebbe preventivamente analizzare molteplici fattori che riguardano le autorizzazioni necessarie per lo svolgimento della nuova attività; poniamo un esempio concreto: se abbiamo bisogno di un gruppo elettrogeno che fornisca energia sussidiaria in caso di interruzioni dell’energia elettrica, dovremo chiederci se la potenza del gruppo rientra nell’elenco delle attività soggette (in questo caso riguarda l’attività n° 49 ma solo se il gruppo ha una potenza complessiva superiore a 25 kW).

Allora la domanda oggetto di analisi è la seguente: 

Ho bisogno di 30 kW di potenza sussidiaria (per esempio), oppure possono essere sufficienti 25 kW in modo da non rientrare nelle attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco e tutti gli adempimenti burocratici che ne conseguono?

Forse è sufficiente riprogettare l’impianto elettrico, oppure adottare misure per il risparmio di energia affinché la potenza risulti sufficiente per soddisfare il fabbisogno di energia sussidiaria in caso di interruzioni o black-out.

Altro esempio potrebbe essere la superficie del locale in cui vogliamo sviluppare un’attività di vendita al dettaglio, che in questo caso rientrerebbe nell’attività n° 69, ma solo se i locali hanno una superficie lorda superiore a 400 m2.

Anche qui, sarebbe molto importante considerare la superficie dei locali sui quali avvieremo l’attività.

Questo significa che non dobbiamo tener conto delle normative e della protezione antincendio?

Assolutamente no! Significa invece che possiamo adottare soluzioni tecniche alternative altrettanto valide senza rientrare in un iter burocratico che potrebbe in alcuni casi essere impegnativo (pensiamo soltanto agli obblighi e ai risvolti amministrativi e penali in caso di inadempienza anche parziale).

Non è mia intenzione fare “terrorismo burocratico” ma è opportuno avere una vaga idea di cosa significhi, quindi, ecco un esempio:

Mattia è un imprenditore ed è proprietario di una ferramenta di 550 m2 di superficie lorda, nel suo negozio vende i vari articoli per il fai da te, casalinghi, vernici e legnami con il servizio di taglio gratuito.

Con la responsabilità di buon padre di famiglia, Mattia incarica un esperto che lo aiuta ad ottenere il Certificato di Prevenzione Incendi, fa tutti i lavori di adeguamento alla normativa antincendio, effettua tutte le manutenzioni come prevede la legge ed il suo CPI è in corso di validità.

Succede che per una dimenticanza, omette di fare il rinnovo del Certificato di Prevenzione Incendi (avendo comunque cura di tutte le dotazioni antincendio, estintori, porte e portoni tagliafuoco, ecc.) . . . Allora?

Ecco che entra in gioco il Decreto Legislativo n. 139 del 2006 che nell’articolo 20 recita come segue:

«Art. 20    (Sanzioni penali e sospensione dell’attività).

 “Chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo è punito con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 euro a 2.582 euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti . . . omissis”

Quindi?  Va da sé che se la superficie lorda per l’attività fosse stata di 380 m2 (magari perché il negozio di ferramenta è in centro città e non era necessaria una superficie di 550 m2), Mattia non avrebbe rischiato una denuncia penale ed il pagamento dell’ammenda, ovviamente il tutto in fase di analisi complessiva prima dell’avviamento dell’attività . . .

Ripeto, non è terrorismo burocratico ma un punto di vista da tenere in considerazione in fase di analisi preventiva.

Allora, quali sono le attività esenti?

Sono considerate esenti dai controlli di prevenzione incendi tutte quelle attività non presenti nell’Allegato 1 del Decreto 151/2011 (vedi pagina 122). Con rispetto al precedente regolamento (DPR 37/98) che viene sostituito; alcune attività come per esempio i vani ascensori, i montacarichi, gli stabilimenti per la produzione di pellicole cinematografiche con supporto infiammabile, ecc. sono state escluse in quanto considerate obsolete, non più pericolose o infine, riconducibili ad altre attività soggette invece alla nuova normativa.

Ci sono anche variazioni con nuovi limiti per alcune categorie. Alcune attività prima esenti (es. aziende con persone tra 300 e 500 persone), e rese esenti alcune attività invece prima soggette (es. locali adibiti a depositi di superficie lorda superiore a 1.000 m2 lo sono ora solo se detengono quantitativi di merci e materiali combustibili superiori complessivamente a 5.000 kg).

Come è facile immaginare, nella nuova norma rivisitata, sono state inserite nuove attività ricollegabili a contesti che presuppongono situazioni di affollamento (es. campeggi, club privati) o a rischio particolarmente elevato:

Alcune infrastrutture di trasporto a elevato rischio (aerostazioni, grandi stazioni ferroviarie e marittime, interporti, grandi gallerie ferroviarie e stradali, metropolitane);

Attività a rischio specifico, quali quelle di demolizioni dei veicoli, frequentemente interessate da incendi di grandi dimensioni;

Grandi complessi terziari o per il terziario;

Strutture turistico-ricettive all’aria aperta come i campeggi e i villaggi turistici con capacità ricettiva superiore a 400 persone.

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